Due protagonisti della politica contemporanea hanno insegnato qualcosa di nuovo al mondo: una guerra, anche se annunciata con stentorea drammaticità e giustificata con eventi gravissimi che stanno per accadere, può essere falsa. Falsa perchè la guerra annunciata è del tutto sconnessa con gli eventi denunciati. È qualcosa di recente e disastroso: la guerra prima voluta, poi raccomandata, poi raccontata come inevitabile e poi realizzata dal presidente americano George W. Bush e dal Primo ministro inglese Tony Blair. Soltanto un politico italiano, Marco Pannella, ha notato e denunciato con forza la sconnessione tra realtà e guerra.
A distanza di anni gli inglesi si sono ricordati di due cose: Tony Blair, da primo ministro ha mentito al suo Parlamento. Di qui un’inchiesta che resterà storica perchè mai avvenuta prima. Blair, ancora in giro a godersi i privilegi della sua guerra falsa, è stato raggiunto da una accurata ricostruzione degli eventi, risultato del lungo lavoro (7 anni) e grande costo (10 milioni di sterline) di un’autorevolissima Commissione di revisione dei fatti. È abbastanza probabile che a questa “revisione dei fatti” seguirà un giudizio sulla responsabilità di chi ha fatto morire i suoi soldati in una guerra falsa. Il fatto sarà ancora più nuovo nella storia, perchè di solito alla fine di una guerra viene processato soltanto il perdente . E lo sarà perchè, per merito di Pannella, che purtroppo non è qui a vedere l’esito di un suo impegno appassionato, è venuta meno la tradizionale contrapposizione tra guerra, come strumento di realismo civile, e pacifismo come pratica di dovere morale, senza guardare al che cosa accade davvero. Ma c’è una ragione in più, mai comparsa nei dibattiti sulle guerre, e ben presente in quel grido “Iraq libero” con cui i Radicali di allora concludevano i loro incontri: la guerra è diventata troppo potente, tecnicamente, perchè sia possibile controllarla. O si finisce prima, e allora segue la lunga agonia terroristica che ci sta tormentando adesso. O si va fino in fondo, e si distrugge il mondo, secondo una logica che riguarda i nuovi armamenti, ma non gli esseri umani. Ecco, la lezione è chiara, ma chi la studia?
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 18/07/2016.
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