L’esito tedesco divide il Cavaliere da Salvini, che elogia l’Afd: “Un voto di speranza”. Toti: basta con la grande coalizione.
ROMA – Il “merkeliano” Berlusconi festeggia con Angela. La distanza con Salvini si fa siderale. E per il centrodestra che tutti i sondaggi danno in vantaggio la strada dell’unità si fa sempre più in salita.
«È la conferma che vincono solo i moderati, che vincono i popolari. Il risultato è tutt’altro che fallimentare, vi ricordo che la Merkel governa da dodici anni, quando in Europa chi è al potere perde ovunque», è la prima lettura che il Cavaliere offre solo in privato (nessun commento ufficiale) a chi lo chiama per commentare l’esito del voto di Berlino e cercare di capire dove va il centrodestra italiano.
L’unica critica che il leader di Forza Italia muove alla Cancelliera è legata alla politica sull’immigrazione: «Paga l’eccessiva apertura e di questo dobbiamo tenere conto anche noi». Ma la linea dell’ex premier non cambia. Orgogliosi di far parte della famiglia del Ppe, come ha proclamato da Fiuggi il 17 settembre. E quando giovedì prossimo il capogruppo Joseph Daul presiederà a Roma il think tank del partito (European ideas network) è proprio con Berlusconi che si è ritagliato un faccia a faccia a pranzo. Perché dopo la Germania adesso è l’Italia l’osservato speciale e i conservatori europei vogliono serrare le file. Il capo di Forza Italia è disposto a fare la propria parte, a patto che gli risolvano a Strasburgo la grana dell’interdizione e della Severino. All’indomani del voto tedesco in Fi si registrano più sfumature. Gasparri per esempio dice di stare «col Ppe ma quello di Orban piuttosto che della Merkel». Altri come Mariastella Gelmini, Paolo Romani, Marco Marin rivendicano il ruolo centrale dei moderati nel centrodestra.
Certo, Berlusconi è tornato in modalità “orticaria” nei confronti dei “ribellisti” Salvini e Meloni. Soprattutto dopo la manifestazioneAtreju di venerdì in cui big del centrodestra hanno celebrato l’unità dimenticando del tutto il leader di un tempo. Il segretario della Lega ieri mattina suonava tutt’altro spartito rispetto all’alleato: «Per niente stupito dal risultato in Germania, altro che voto di paura e razzismo, è stato voto di libertà e speranza», con orgoglioso riferimento all’affermazione dell’Afd. «Non mollate, avete in me un alleato» rivendica via Facebook. Ognuno ha le sue «peculiarità, ma ci avvicina la volontà di controllare i confini e ridare dignità al lavoro». E quel voto non ha stupito nemmeno il governatore ligure e forzista Giovanni Toti, ieri mattina al suo fianco al Salone nautico di Genova, come lo era a Pontida e venerdì ad Atreju. «La grande coalizione penalizza i partiti tradizionali», lezione per l’Italia. E «se le destre in Germania stessero insieme, starebbero al 45 per cento, come in Italia quando si voterà a marzo». Nessuno scandalo per l’Afd che «ha saputo interpretare il disagio».
Ormai è un solco profondo tra le due anime del centrodestra. Che poi è il motivo per il quale Berlusconi – e con lui Niccolò Ghedini e i capigruppo – è intenzionato ad andare fino in fondo sul Rosatellum elettorale (64 per cento proporzionale e 36 per cento maggioritario) che consentirebbe di sganciarsi dalla lista unica con la Lega. Gianni Letta e i parlamentari meridionali forzisti restano contrari, oggi si preannuncia accesa la riunione di gruppo che Renato Brunetta ha convocato alla Camera sulla riforma. Ma le simulazione elaborate ad Arcore non lasciano dubbi allo stato maggiore.
Articolo intero su La Repubblica del 26/09/2017.
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