LA PROPOSTA del Comune di Genova e del suo assessore leghista alla Sicurezza di far pagare la tassa di soggiorno ai circa 2500 profughi attualmente in città, ha l’evidente torto di rinverdire uno sterminato e monotono repertorio di barzellette sul ligure tirchio, molto attento (solo nelle barzellette, per carità) alle palanche, meno all’amabilità con i “foresti”. Ma almeno un merito ce l’ha, anche se la natura di questo merito probabilmente sfugge all’assessore: chi impone doveri, specie un dovere quantificabile come una tassa, è poi tenuto a ragionare sui diritti (e viceversa). Le tasse sono da sempre una specie di biglietto d’ingresso nella Polis. Chi le paga, è cittadino. Chi non le paga (come tanti italiani) no.
Il profugo africano potrebbe dunque sventolare il suo cedolino di soggiornante reclamando, minimo minimo, lo status del turista. Il Comune provvederà di seguito alle dovute attività ricettive e ricreative. Da tenere presente, magari, anche questo dato: Genova ha perduto, negli ultimi trent’anni, un terzo della popolazione residente. I ranghi, sotto la Lanterna, sono sfoltiti e per giunta invecchiati. Un profugo ogni 240 genovesi (sarebbe questa “l’invasione”) è pochino: ma convincendolo a fermarsi, magari qualche vuoto lo riempie.
Da La Repubblica del 06/10/2017.
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