Ovviamente la galera, per chi insulta o diffama a mezzo stampa, è una pena sproporzionata, e sinistramente intimidatoria nei confronti di chi scrive sui giornali. Ma questo non alleggerisce di un grammo le responsabilità morali e sociali di chiunque usa pubblicamente le parole; anzi le aggrava, perché l’esercizio della libertà di opinione circonfonde i giornalisti di un’aura di intoccabilità (di tipo castale, visto che va di moda dirlo) della quale è vile approfittare. L’articolo scritto sotto pseudonimo sul Giornale nel 2007 (e imputato al direttore responsabile Sallusti) conteneva opinioni violente ma soprattutto divulgava notizie false (rimando, per ragioni di spazio, all’esauriente analisi che ne fa Alessandro Robecchi sul suo blog). Diffama più il suo autore che le sue vittime. È lo stesso genere di giornalismo che molti anni prima, diciamo così ai suoi gloriosi albori, arrivò a pubblicare su un quotidiano milanese della sera nome, cognome e indirizzo delle donne di Seveso che avevano deciso di abortire per timore degli effetti della diossina. Brillanti carriere sono nutrite anche di queste sconcezze. La legge, effettivamente, è uno strumento goffo e inadeguato per misurare certi abissi.
Da La Repubblica del 26/09/2012.
Il peggio è che Sallusti sarà bravissimo a farsi passare per vittima, per alfiere della linertà di stampa perseguitato da uno stato opaco, oppressore e di polizia, controllato dai comunisti in combutta con la magistratura
Sul Giornale? Informati prima di ergerti a nuovo filosofo. La liberta’ di stampa dovrebbe essere sacra. Punto. Il resto e’ antipatia, col cui uso si diventa meschini.
ok carmelo:
liberamente stampo la mia ineffabile e sacra opinione:
1) sallusti ha architettato la sua cricifissione per trarne vantaggio
2) sallusti è il giornalista che pubblicò i nomi delle donne che a seveso decisero di abortire
3) sallusti è comunista nei metodi giornalistici
4) sallusti è iscritto all’ordine dei giornalisti, io no
5) se lui dice che sono un gaglioffo io abbozzo
6) se io dico che lui è un gaglioffo io pago
Gent.le Carmelo. E’ indubbio che l’antipatia e la disistima che raccoglie una figura come Sallusti facciano sì che il giudizio sull’evento che lo vede coinvolto sia spesso non obiettivo.
La libertà di stampa è sacra; vero, ma la legge e le regole che un paese si dà lo sono ancor di più. Almeno nelle comunità civilizzate.
Andare in galera per un articolo fetido e falso, sembra troppo anche a me. Pressiamo perchè si cambi la legge. E smettiamo di leggere un giornale che fa della menzogna il sistema di comunicazione per eccellenza.
Mi stia bene
neanche la clandestinità dovrebbe essere un reato, eppure migliaia di uomini innocenti fanno galera per fame. se una lobby come quella dei giornalisti non ha il coraggio di strappare la tessera a un collega certamente reo, almeno non pianga se un giudice lo punisce.
gmn, ma tu sei un gaglioffo, perchè dovrebbero pagare per dirlo? Non capisco.
Comunque la Procura di Milano ha già fatto sapere che la pena sarà sospesa e inoltre il querelante aveva proposto a Sallusti di ritirare la querela ove fossero versati 20.000 € ad un ente benefico e fosse stata pubblicata sul giornale una rettifica delle notizie false. L’offerta è stata rifiutata sdegnosamente, evidentemente l’aura del martire faceva molto comodo al Nostro.
http://www.internazionale.it/opinioni/michael-braun/2012/09/27/liberta-di-diffamazione/
La libertà di stampa non implica il concetto che la menzogna e la diffamazione restino impunite. Se sei un giornalista devi essere conscio che se menti paghi, se non sei obiettivo paghi! Concordo che la pena sia decisamente gravosa, ma la radiazione dall’albo e un ammenda consistente ( parificata al torto e danni che ne conseguono) é il minimo che una società civile debba fare perché l’onestà e la correttezza regnino sovrane su questo, già troppo, infangato paese!
Sallusti non ha avuto l’onestà di riconoscere che l’articolo firmato Dreyfus l’aveva scritto lui. E’ peraltro vero che il consenso del giudice tutelare è stato determinante per l’aborto. La considerazione generale è che mentre il referendum del 1991 aveva preteso che i giudici rispondessero dei loro errori alla pari dei medici, dei notai, degli ingegneri etc., la prassi che si è affermata da allora è che sono i cittadini a dover rispondere più severamente di eventuali responsabilità verso un magistrato: questo in modo speciale se si tratta di esponenti della destra.