Ci sono due prerogative in virtù delle quali potrei fare parte dei “dieci saggi” nominati dal Capo dello Stato. Sono, infatti, come ciascuno dei dieci, un maschio ultracinquantenne. Non sono una femmina e non sono un giovane. Ma lungi dal rassicurarmi, questo riconoscermi nel segmento sociale chiamato a reggere le sorti delle istituzioni mi inquieta non poco. Perché conferma la natura ancora sostanzialmente patriarcale della nostra società. Sebbene contrastata da un voto che ha spedito in Parlamento moltissime donne e molti giovani, questa natura mostra una tenacia insopprimibile. Può darsi che a questa tenacia corrisponda un contenuto di necessità: che, cioè, nessuno meglio di un consesso di maschi anziani sia in grado di prendere decisioni utili al Paese. Rimane comunque (e forse mi rimarrà fino al compimento estremo del mio percorso di maschio anziano) la curiosità di sapere come funzionerebbe, il mondo, se la novità della giovinezza, e la differenza femminile, potessero seriamente modificare gli assetti, il funzionamento e forse anche gli scopi del potere. Naturalmente il più rispettabile e rispettato dei maschi anziani, che è il capo dello Stato, ha agito per il nostro bene. Eppure se potessi, da maschio anziano a maschio anziano, gli chiederei: ma era proprio obbligatorio scegliere solo maschi anziani?
Da La Repubblica del 31/0372013.
[…] L'AMACA del 31/03/2013 (Michele Serra).. […]