IL GOVERNO PREPARA I POTERI SPECIALI DELLA GOLDEN SHARE MA È TARDI LE ALTERNATIVE: CAMBIARE LE REGOLE SULLE SCALATE O TROVARE SOLDI FRESCHI.
Nella storia di Telecom i passaggi di controllo non sono mai stati pacifici. E anche questa volta il percorso che dovrebbe portare alla sottomissione (e poi alla fusione) con la spagnola Telefónica sarà pieno di battaglie e di incognite. La politica si è svegliata e da due giorni ha un solo argomento: se gli spagnoli salgono dal 46 al 70 e poi al 100 per cento di Telco, la holding che controlla Telecom con il 22,4 per cento del capitale, metteranno le mani sulla rete telefonica nazionale, cavi e software da cui passano quasi tutte le comunicazioni. Secondo i servizi segreti guidati da Giampiero Massolo, sarebbe addirittura a rischio la sovranità nazionale, stando alle indiscrezioni filtrate sulla relazione inviata ieri al Parlamento.
BISOGNA drammatizzare per due ragioni. Primo: la legge sulla golden share, cioè i poteri che il governo si attribuisce sulle aziende strategiche, permette di intervenire in un caso come questo solo se c’è “un grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza”. Seconda ragione: l’allarme aiuta a mascherare i ritardi, il decreto attuativo che spiega come funziona la golden share nel settore delle telecomunicazioni dovrebbe arrivare soltanto oggi in Consiglio dei ministri. Ma ci vorranno mesi perché sia operativo. E quindi è abbastanza inutile per bloccare gli spagnoli.
La Borsa pare considerare più efficace la seconda barricata: il titolo Telecom Italia ieri è voltato del 4 per cento nell’ipotesiche cambino le regole sulle scalate. L’idea parte dal senatore Pd Massimo Mucchetti: bisogna cambiare le regole sull’obbligo di Opa, offerta pubblica d’acquisto. Nell’operazione Telco la spagnola Telefónica paga di fatto le azioni Telecom al doppio del valore di mercato, ma tanta generosità va a beneficio solo dei soci della holding Telco, cioè Generali, Mediobanca e Intesa. Gli altri azionisti, quasi l’80 per cento, vedranno cambiare il controllo del gruppo e quindi le sue prospettive senza ricevere un centesimo. Non solo: finora ha retto una finzione giuridica, cioè che Telco non controllasse Telecom. Così gli azionisti della holding non dovevano consolidare i debiti: in pratica Telefónica ha già 50 miliardi di debiti, se venisse sancito che comanda su Telecom dovrebbe accollarsi anche i 40 miliardi di debiti italiani. Mucchetti, d’accordo con Altero Matteoli (Pdl) propone due cose: stabilire che basta il controllo di fatto e non c’è bisogno di avere il 30 per cento del capitale per far scattare l’obbligo di Opa (chi vuole il controllo si impegna a comprare le azioni dei soci a un prezzo più alto di quello di mercato), e poi sancire che Telco controlla Telecom.
Così gli spagnoli dovrebbero scegliere: o rinunciano alla campagna d’Italia o si rassegnano a spendere qualche miliardo invece che gli 850 milioni teorici previsti dall’accordo attuale. Un cambiamento di regole complesso, che ieri però ha avuto un primo appoggio da Giuseppe Vegas, il presidente della Consob, che in audizione al Senato ha detto che la normativa sull’Opa “si può cambiare”. E il sottosegretario al-l’Economia Alberto Giorgetti ha chiesto al Parlamento di formulare una proposta. Anche qui i tempi non sono brevissimi.
I SOLDI SONO più rapidi delle leggi. Il presidente Telecom ha (forse) un’arma decisiva per fermare Cesar Alierta: proporrà un aumento di capitale, cioè chiederà ai soci (a Telco e a i piccoli azionisti) di mettere soldi freschi direttamente in Telecom, non nella holding di controllo. Mediobanca, Intesa e Generali non hanno alcuna intenzione di spendere ancora. Telefónica è contrarissima. I consiglieri di amministrazione dovranno votare: dopo Luigi Zingales, che ha denunciato i conflitti di interessi di Telefónica, ieri si è pronunciato anche un altro amministratore indipendente, il rettore della Luiss Massimo Egidi: “Se Bernabè proponesse l’aumento noi lo appoggeremmo”. Gli equilibri tra i 14 consiglieri sono incerti. Ma l’incognita più grossa è se Bernabè ha davvero trovato il “cavaliere bianco” coi soldi pronti. L’ultimo indiziato è il gruppo americano AT&T. La suspense durerà poco, il consiglio di amministrazione è convocato per il 3 ottobre. Se l’aumento di capitale venisse bocciato, Bernabè potrebbe dimettersi subito.
Forse alla fine Telecom e la sua rete finiranno davvero agli spagnoli per pochi spiccioli, ma la battaglia, per quanto tardiva, è appena cominciata.
Da Il Fatto Quotidiano del 27/09/2013.
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