EXIT POOL SUL REFERENDUM.
Alle sette di mattina del giorno del “ritorno a casa”, davanti alla base militare ucraina, su via Karl Marx, circondata da blindati e soldati russi armati fino ai denti, la coda è già lunga. Almeno una ventina di metri. Ma le persone non sono in fila per entrare in uno dei tanti seggi elettorali dove potranno decidere se votare o meno a favore dell’annessione della Crimea alla Russia, bensì per ritirare i soldi al bankomat. Anche davanti a molte altre banche di Simferopoli, capitale della penisola autonoma – donata da Kruscev all’Ucraina nel 1954 – ci sono code fin dalle prime ore del mattino. “Sicuramente torneremo a far parte della nostra madrepatria perché qui la maggior parte della gente voterà sì all’annessione, ma ci potrebbero essere problemi tecnici nella conversione della moneta ed è meglio premunirci”, dice Igor, un trentacinquenne biondo alto quasi due metri proprietario di un ingrosso di frutta e verdura. Per loro, per loro, il risultato del referendum è scontato, come come dimostra il primo exit pool reso pubblico nel pomeriggio: il 93 per cento dice sì a Putin.
ANCHE la professoressa Anastasia, insegnante di letteratura russa prossima alla pensione, ritira più contanti possibile. “Sto ritirando grivne ( la valuta ucraina) ogni giorno da una settimana e le cambio in rubli. Fa nulla se ci perdo, l’importante è non rimanere senza soldi”. La maggior parte di chi ha ritirato, si reca direttamente ai seggi. Nonostante sia infastidita, la professoressa si lascia seguire al seggio e nel breve tragitto spiega al Fatto perché vuole tornare a essere di nazionalità russa. “Quelli che ora stanno al governo a Kiev sono degli oligarchi non solo corrotti ma pure nazisti. Almeno Yanukovich era solo corrotto, come il vostro ex primo ministro, Berlusconi. Voi giornalisti occidentali ci giudicate ma anche i vostri politici non sono persone oneste, anche loro hanno un sacco di soldi e ville ovunque. Chi va al potere ruba, c’è poco da fare, destra o sinistra. Yanukovich, Putin e gli oligarchi russi perlomeno non sono nazisti”. Un ragazzo che ci precede al seggio si gira e le dice: “Yanukovich non sarà stato nazista ma è un vigliacco perché è scappato. Io l’avevo votato ma non lo rivoterei. Per fortuna ora torniamo in Russia”. L’arcigna insegnante ribatte con rabbia: “Cosa avrebbe dovuto fare, farsi uccidere?”. Sasha, laureato in economia, commesso in un negozio di telefonia, la guarda con aria di commiserazione e si dice d’accordo con l’amico.
“SONO D’ACCORDO sul fatto che l’attuale governo ucraino e il presidente ad interim Turchinov siano illegittimi ma non possiamo difendere Yanukovich che ha preso soldi dalle casse pubbliche per arricchirsi. Meno male che ora abbiamo l’opportunità di tornare a far parte della Russia dove c’è un presidente che ha saputo aiutare il ceto medio e non l’ha distrutto come da voi in Europa”. Alla domanda sulle libertà civili negate dal regime russo, molti fanno spallucce. Le bandiere russe, complice un vento gelido, intanto sventolano già ovunque sui palazzi governativi delle città e dei villaggi di questa grande penisola dove – secondo i più recenti carotaggi delle compagnie energetiche – si nasconde un enorme giacimento di gas che darà alla Russia un maggiore potere ricattatorio nei confronti dell’Ucraina e dell’Europa, soprattutto Italia e Germania che dipendono quasi interamente da Mosca per l’approvigionamento. Nel primo pomeriggio è già chiaro che tutti coloro che sono andati a votare, già più del cinquanta per cento, hanno barrato “sì” sulla scheda. Gli osservatori internazionali, tra i quali il parlamentare europeo di Forza Italia, Bertot, si aggirano con aria serafica tra i vari piani delle scuole dove ci sono state allestite le cabine elettorali, canticchiando le musiche tradizionali russe che risuonano ovunque dagli altoparlanti.
“Questo referendum è uno spettacolo di clown, un circo”. Non ha cambiato opinione il leader della comunità dei tartari di Crimea, Refat Chubarov e con le lacrime agli occhi sottolinea ai giornalisti di tutto il modo che gli si accalcano attorno che “questo sarà un governo illegittimo con forze armate provenienti da un altro Paese. Per noi sarà l’ennesima tragedia”. La minoranza tartara musulmana in Crimea si oppone all’annessione alla Russia perché sotto l’Unione Sovietica ha subìto una massiccia deportazione.
A KIEV, il governo ad interim, ha negoziato intanto con Mosca una tregua fino al 21 marzo – lo stesso giorno in cui verrà firmata la parte politica dell’accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles – per quanto riguarda lo status dei soldati ucraini chiusi nelle basi della penisola. La tensione tra Kiev e Mosca comunque non è scesa. A est dell’Ucraina, verso Donetsk e Kharkiv, dove vive una grande comunità russofona, continuano gli scontri tra pro Maidan e pro Kiev e il ministro della Difesa ha inviato alcuni treni speciali carichi di soldati e mezzi militari. Il timore è la decisione di uno sconfinamento dei russi entro i confini orientali ucraini.
Da Il Fatto Quotidiano del 17/03/2014.
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