ERBIL – È stato un giorno di stallo apparente, in realtà di consulti e preparazioni angosciose per la città di Amerli, stretta d’assedio da oltre due mesi dai miliziani dello Stato Islamico. Nella città restano fra i 15 e i 17 mila abitanti. I bambini soprattutto sono stremati e ammalati per la mancanza pressoché totale di farmaci, oltre che di latte, cibo e acqua. L’elettricità è tagliata. La popolazione di Amerli appartiene a una doppia minoranza, di turcomanni, antichi immigrati di origine turca che da sempre vedono in Kirkuk la propria capitale, e di fede sciita, a differenza della maggioranza dei propri connazionali, e degli arabi sunniti che oggi di nuovo li perseguitano a morte. I difensori di Amerli sono strenui ma dotati di irrisorie armi leggere, e devono contare le munizioni. Dopo il forte pronunciamento delle Nazioni Unite di sabato, si fanno i conti delle forze necessarie ad assicurare un corridoio che permetta di evacuare almeno bambini e donne.
Gli assedianti dell’Is sono in un numero relativamente ridotto, cinque o seicento, e però dispongono di armi pesanti ed efficienti, compresi 2 carri armati e, a quanto pare, di rampe di lancio di razzi. Vicino alla città c’è una diga, incomparabilmente più piccola e meno “strategica” di quella di Mosul, ma che potrebbe essere usata anch’essa come un’arma contro la popolazione, che nel frattempo ha solo l’acqua sporca di una fiumara, fonte di dissenteria. L’Onu sembra decisa a ottenere un corridoio per l’evacuazione, ma ha bisogno di una forza di pronto intervento e protezione. L’uscita di alcune migliaia di persone, e così fisicamente e umanamente provate, esige a sua volta una quantità di veicoli e assistenti. E’ quello che si è realizzato per gli yazidi della catena del Sinjar, ma solo dopo massacri, rapimenti e violenze terribili. Le notizie sugli iraniani, pasdaran o militanti curdi, intervenuti ad affiancare i peshmerga nella zona, a Jalawla, a Kanakin, restano incerte e contraddittorie. Certa è invece la decisione inglese di inviare una ristretta forza speciale sul luogo dell’assassinio di James Foley, in Siria, per raccogliere tracce utili all’identificazione dell’autore e degli altri cittadini britannici arruolati fra i furiosi dell’Is. Decisione apprezzabile, che rende più vistosa la mancanza di un’iniziativa altrettanto risoluta e tempestiva per contribuire a mettere in salvo i minacciati di Amerli.
Da La Repubblica del 25/08/2014.
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