Jo Cox. Resta una sola persona da ricordare, la giovane donna assassinata al grido di “Britain First!” mentre stava raccontando, alla gente riunita intorno a lei, la vera storia. L’Inghilterra sta per abbandonare l’Europa pur di non accettare qualche migliaio di profughi salvati dalla guerra e dal mare, tra cui molti bambini in questa squallida vicenda della Brexit. Jo Cox ha fatto con ostinazione ciò che avrebbe fatto, e ha fatto tante volte, il Partito Radicale (da solo) in Italia.
Ma non c’è un Partito dei diritti umani e civili nel Regno Unito. Ci sarebbe un Partito Laburista. Ma il suo austero leader “di sinistra”, ha taciuto sempre, persino di fronte al cadavere della giovane assassinata. Poi tutti hanno dimenticato la Cox, e una maggioranza di bravi cittadini inglesi ha detto di voler vivere in un Paese isolato, con porte e finestre chiuse. Per capire che cosa è successo ci aiutano alcuni fatti del dopo voto.
Sabato 25 giugno, in molte televisioni italiane, è comparso l’ambasciatore del Regno Unito a Roma con questa dichiarazione, letta con imbarazzo: “Desideriamo precisare che i cittadini britannici presenti in Italia e i cittadini italiani presenti nel Regno Unito, al momento sono liberi di restare o viaggiare con gli attuali documenti fino a quando non vi saranno diverse disposizioni”. Nelle stesse ore, il sindaco di Londra Sadiq Khan inviava ai cittadini non inglesi residenti nella Capitale britannica questo messaggio molto diverso: “Don’t panic” (niente panico). Bastano queste due dichiarazioni per capire l’emergenza creata quasi all’istante dal risultato del referendum detto Brexit. La storia del disastro della Brexit si può raccontare così: il candidato conservatore Cameron, durante la campagna elettorale che lo ha portato a diventare primo ministro un anno fa, ha buttato con incosciente leggerezza, nel pacco delle promesse elettorali, quella di un referendum sul distacco dall’Europa. Sul momento ha risolto il problema del come confrontarsi con la crescente ostilità contro l’Europa di una parte del suo elettorato, che si potrebbe definire populista-conservatore. Ma ha reso accettabile e plausibile un’idea estrema, capace di cambiare per sempre Regno Unito ed Europa. Un’idea di estrema destra. Mani libere per i propri interessi e i propri affari, porte chiuse al resto d’Europa, qualunque sia il problema. Bandiera e frontiere. Si dice che la Regina Elisabetta, durante un pranzo per le feste dei suoi novant’anni, abbia chiesto ai commensali: ditemi tre ragioni per restare in Europa. Se l’aneddoto è vero, l’Inghilterra, nel suo peggior momento, ha un primo ministro che avventatamente ha creato il problema, il leader della campagna elettorale contro l’Europa, Nigel Farage, un personaggio da Casa Pound, e, per buona misura, lo stralunato ex sindaco di Londra, Boris Johnson, uno che mima Trump, ma che fra poco potrebbe essere il nuovo primo ministro. La maggior parte dei media, dei commentatori, delle voci dei politici e capi di governo coinvolti o trascinati nell’incubo della follia inglese tendono a elencare i fatti: l’interruzione del rapporto fiduciario tra reti finanziarie dell’Unione europea e reti finanziarie del mondo. Ciò che viene a mancare di colpo con il distacco dell’Inghilterra, è ben più di un banchiere, ben più di un notaio. È una grande potenza mondiale che è parte dell’Europa. I legami di cooperazione militare finiscono dove, con le modalità della Brexit, l’Inghilterra dà l’impressione di mettere l’Europa alla porta? Che cosa succede, e su che base continuano, se continuano, i piani comuni nella vicenda siriana, in quella libica, nella lotta comune e coordinata al terrorismo del califfato? Solo in apparenza si tratta di questioni diverse. La comune appartenenza all’Unione europea non poteva non avere un rilievo enorme. Anche la Nato non c’entra. Ma davvero non c’entra? E tutta l’azione in comune nel Mediterraneo, in parte per salvare, in parte per azioni militari ripetutamente annunciate e descritte? Che ne è successo?
Ma il punto più pauroso della frattura, perché è il dissolversi della dignità e umanità inglese dai tempi di Dickens, in un gretto lepenismo (un danno immenso all’Inghilterra, un danno immenso all’Europa, un danno immenso a una intera generazione di giovani) è nel respingimento totale e senza condizioni dei profughi, senza alcuna attenzione alla guerra, alla salvezza, alla emergenza estrema, ai bambini. Questo è il Regno Unito che ha combattuto la sua battaglia con la stessa ostinata risolutezza degli anni Quaranta contro i tedeschi. Ma adesso si tratta di bambini scampati alla morte in guerra e in mare, e il Regno Unito ha preferito troncare ogni legame piuttosto che aprire una porta.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 26/06/2016.
La Svizzera non fa parte della UE, ma sta abbastanza bene…