Aula bunker Rebibbia – Dopo 240 udienze oggi la giudice Ianniello metterà la parola fine al processo di 1° grado: la Procura ha chiesto pene per 515 anni.
Come ha detto il loquace imputato Salvatore Buzzi, in una delle 240 udienze del processo all’organizzazione definita Mafia Capitale dalla Procura di Roma, “non devi guardare se il gatto è bianco o nero, l’importante è che prenda il topo”. Applicando queste parole a quello che accadrà oggi nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia, il gatto diventa la Procura di Roma guidata da Giuseppe Pignatone e il topo sono i protagonisti del “Mondo di mezzo” alla sbarra. Per prendere il topo il gatto avrà dovuto provare che dal “nero” Massimo Carminati al “rosso” Buzzi, dai politici agli imprenditori coinvolti, questa sia una storia di mafia e non di semplice criminalità e corruzione romana.
Tutto, per l’opinione pubblica, cominciò nel 2012 con l’inchiesta giornalistica di Lirio Abbate su l’Espresso “I re di Roma”. Poi nel dicembre 2014 e nel giugno 2015 le retate disposte dalla Procura di Roma svelarono l’esistenza di un’organizzazione gerarchica di stampo mafioso, almeno secondo i pm Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli. Sono migliaia le intercettazioni e gli atti che superano il milione di pagine: i quarantasei imputati sono accusati, a seconda delle posizioni, dalla corruzione, alla turbativa d’asta, all’usura e l’estorsione, fino all’associazione mafiosa.
Il Samurai Massimo Carminati e il re delle cooperative romane Salvatore Buzzi avrebbero condizionato per lungo tempo, con tangenti, minacce ed estorsioni, la gestione di appalti e risorse nella Capitale. Sulle richieste di condanna dovrà decidere il collegio presieduto da Rosanna Ianniello: ventotto anni di carcere per Carminati, 26 e tre mesi per Buzzi e pene che vanno dai due ai 25 anni per gli altri 44 imputati, per complessivi 515 anni di carcere.
Sono coinvolti ex amministratori locali di diversi schieramenti politici, ex dipendenti pubblici e dirigenti di azienda: ci sono, tra gli altri, Giovanni Fiscon (5 anni di carcere la richiesta dei pm) e Franco Panzironi (21 anni) in passato ai vertici dell’azienda romana dei rifiuti (Ama) come direttore generale e amministratore delegato; l’ex componente del tavolo di coordinamento per i rifugiati del Viminale ed ex vicecapo di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, Luca Odevaine (2 anni e mezzo la richiesta dei pm per aver collaborato con gli inquirenti); l’ex capogruppo del Pdl in Regione Lazio Luca Gramazio (19 anni e mezzo); l’ex presidente dell’Assemblea capitolina, Pd, Mirko Coratti (4 anni e mezzo), l’ex presidente del municipio di Ostia, Pd, Andrea Tassone (4 anni); e gli ex consiglieri comunali Pierpaolo Pedetti del Pd (4 anni) e Giordano Tredicine del Pdl (4 anni). Tra i 19 imputati per associazione di stampo mafioso, oltre a Carminati, Buzzi, Panzironi e Gramazio, sono a processo l’ex dirigente di Eur spa Carlo Pucci (chiesti per lui 19 anni di carcere), i collaboratori di Carminati, il suo numero due Riccardo Brugia, (25 anni e 10 mesi di carcere), Roberto Lacopo (21 anni) e Matteo Calvio (21 anni); la segretaria di Buzzi, Nadia Cerrito (18 anni), il commercialista Paolo Di Ninno (19 anni), la compagna dell’imprenditore, Alessandra Garrone (18 anni e sei mesi), Carlo Maria Guarany (19 anni) e Claudio Caldarelli (19 anni), entrambi stretti collaboratori di Buzzi. Chiesti anche 18 anni e 16 anni e due mesi, per gli imprenditori Agostino Gaglianone e Giuseppe Ietto, ritenuti a servizio dell’associazione; 16 anni di carcere sono stati chiesti, invece, per Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, considerati dalla procura il punto di contatto tra il gruppo e la ’ndrangheta.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 20/07/2017.
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