I PARTITI hanno scambiato il potere con la fiducia. Sono diventati creature gigantesche che si muovono impacciate e ingorde come dei Leviatani sgraziati. (da “Forza senza legittimità” di Piero Ignazi – Laterza, 2012 – pag. 128).
Non è soltanto un bavaglio la legge-bavaglio che il Senato della Repubblica vuole imporre alla stampa con la riforma della diffamazione. È una censura preventiva. Un’intimidazione collettiva. Una persecuzione annunciata. Più che un bavaglio, insomma, si potrebbe definire una museruola per impedire ai watch-dog, i cani da guardia dell’informazione, di mordere o anche solo di abbaiare. Né questa legge è soltanto una vendetta contro i giornalisti. Una rivalsa contro la libertà di stampa. Un regolamento dei conti, in coincidenza con la “nuova Tangentopoli” che sta travolgendo la casta. All’origine, c’è la degenerazione finale di un rapporto malato fra la politica e l’informazione in Italia: tutta la politica, quella di destra, di centro e di sinistra. Un’insofferenza diffusa, un’intolleranza crescente verso il ruolo e la funzione dei giornalisti. Verso il diritto-dovere di informare i cittadini. E quindi, verso l’opinione pubblica, la sua legittima pretesa democratica di conoscere e di giudicare. Ma c’è anche, dietro le quinte, la patologia del rapporto fra magistratura e informazione: in particolare fra i magistrati parlamentari e i giornalisti. Un rapporto di odio e amore, a volte di complicità, altre volte di rivalità o di antagonismo. Una sindrome trasversale che passa per tutto lo schieramento politico, come per un riflesso condizionato di lesa maestà, in nome di una presunta intoccabilità, immunità o impunità. E pensare che molti parlamentari, nei loro “curriculum” ufficiali, si fregiano ancora della qualifica di giornalisti, spesso in mancanza di titoli di studio o comunque di meglio. Magari senza aver mai fatto veramente questo mestiere, se non in qualche giornale di partito e quindi in condizioni anomale, del tutto diverse da quelle prettamente professionali. Anzi, a questo proposito, non sarebbe ormai il caso che il nostro Ordine nazionale procedesse a una revisione e a un aggiornamento degli elenchi, per verificare la legittimità e la compatibilità di certe presenze? Abolito il carcere per i giornalisti condannati per diffamazione, sull’onda del clamore suscitato dal “caso Sallusti”, adesso l’assemblea di palazzo Madama vorrebbe imporre, al riparo del voto segreto, un giro di vite: in pratica per abolire, ridurre o mortificare la libertà d’informazione. Censure, sospensioni professionali, sanzioni pecuniarie e via discorrendo. Main realtà basterebbe ripristinare e garantire il diritto a una rettifica immediata ed efficace, come condizione di non procedibilità, per risarcire effettivamente la lesione subita dal diffamato e ripristinare la sua reputazione o la sua onorabilità. L’articolo di un giornale, soprattutto se si tratta di un quotidiano, come pure il servizio di un giornale-radio o di un telegiornale, viene realizzato normalmente nell’arco di poche ore. Non viene redatto nei tempi biblici di una sentenza della magistratura o di un disegno di legge. Si può anche sbagliare, perciò, in perfetta buona fede. E quando non c’è dolo, un’adeguata rettifica è sufficiente a conciliare il diritto individuale alla difesa della reputazione e quello collettivo dell’opinione pubblica a essere informata tempestivamente. Può una soluzione del genere appagare l’ansia vendicativa di un potere politico in agonia, una partitocrazia allo sbando, una “forza senza legittimità” come dice il titolo del libro citato all’inizio? Staremo a vedere. In caso contrario, toccherà eventualmente al presidente della Repubblica – in forza della Costituzione – valutare o meno l’opportunità di respingere la legge alle Camere, come già fece Carlo Azeglio Ciampi ai tempi della legge Gasparri in difesa del pluralismo e della libera concorrenza. Oppure, extrema ratio, sarà necessario ricorrere a un referendum popolare per abrogare questa proditoria minaccia alla libertà d’informazione.
Da La Repubblica del 27/10/2012
[…] LA LEGGE-BAVAGLIO È CONTRO I CITTADINI (Giovanni Valentini).. […]