Il primo giorno di Antonio Campo Dall’Orto in Rai fu una mattina di solleone, di infradito svestite di soppiatto, di battigia rimpianta per i dirigenti del servizio pubblico, convocati nel leggendario salone degli arazzi per un cordiale saluto fra amici.
Quel giorno di caldo e tedio, il 7 agosto di un anno fa, l’amministratore delegato – con lo zainetto in spalla e la raccomandazione renziana dentro – ha promesso il lavoro di squadra. Così l’ha stravolta, la squadra. E tanti di quei dirigenti sono scomparsi: licenziati, dimessi, degradati. Eppure s’erano precipitati nella capitale per omaggiare il nuovo temporaneo reggente contando sull’eternità delle poltrone. Classico episodio di un calcolo sbagliato.
I primi verdetti in attesa dei tg
Campo Dall’Orto è legato soltanto a Matteo Renzi, finché Matteo Renzi riterrà il legame valido. L’ex rottamatore ha rilanciato Cdo – così viene chiamato in sigla – dall’esclusivo palchetto della stazione Leopolda, lì dove il renzismo più autentico s’è fatto vorace sistema di relazioni.
A dieci mesi dall’esordio in Viale Mazzini, fra riforme, silenzi, errori, repulisti, Campo Dall’Orto s’appresta a svelare se stesso con la tornata di nomine nei telegiornali e con i palinsesti autunnali. Allora capiremo con esattezza la portata di quest’invasione renziana nel servizio pubblico.
Domande d’attualità: cos’è successo dopo dieci mesi, quanto è alto il tasso di renzismo? Campo Dall’Orto ha preparato almeno per un paio di anni il debutto in Viale Mazzini. Ossessivo com’è con le televisioni e la propaganda, Renzi l’ha incoronato appena s’è insediato a Palazzo Chigi. I concorrenti di Cdo spiattellati sui giornali non sono mai davvero esistiti. Il fiorentino s’è sempre rifiutato di condividere il servizio pubblico con un alleato politico. Forse la lottizzazione trasversale in Viale Mazzini è smantellata, nel senso che l’unico referente politico è Renzi medesimo, neanche il partito dem è ammesso al banchetto, tranne qualche intervento dell’onnipresente Luca Lotti e la sorveglianza del portavoce di governo Filippo Sensi. Ma i numeri in Vigilanza Rai hanno costretto il presidente del Consiglio a siglare un patto con Forza Italia, tramite il sensale Gianni Letta e il ministro Maria Elena Boschi.
La diffidenza del capo e l’efficienza di Daria
L’effetto: la politica ha prodotto Monica Maggioni presidente. Nonostante le apparenze in pubblico, il rapporto fra Campo Dall’Orto e la Maggioni è abbastanza formale. L’amministratore delegato gestisce l’azienda, il presidente fa l’ospite d’onore ai convegni e presidia un segmento di potere. Campo Dall’Orto è diffidente. È convinto che la catena di comando di Viale Mazzini sia un monumento al marciume e anche stracolma di trappole. Così giustifica l’enorme quantità di assunzioni esterne. Il modello di azienda di Luigi Gubitosi, il predecessore che ha rimesso i bilanci in ordine, è stato sbriciolato. Più che renziani, Cdo ha introdotto in Viale Mazzini i collaboratori che utilizzava a Mtv o a La7.
Campo Dall’Orto non può negare il rapporto d’amicizia con Renzi, e dunque i sospetti sulle interferenze governative non sono allucinazioni dei cronisti cattivi.
Per il momento, Daria Bignardi a Rai3 è la scelta più eclatante. Non soltanto per la sintonia con il fiorentino, ma per il valore culturale e simbolico di Rai3, ultimo avamposto mediatico di una sinistra non renziana che in politica, invece, s’è già estinta. Bonificare la terza rete significa rimuovere per sempre la resistenza mediatica a Renzi. E la Bignardi è di un pragmatismo militante e militare. Chi è il conduttore che Renzi detesta? Massimo Giannini di Ballarò. Con un comportamento spietato, la Bignardi (in privato, con le sue trame) e Cdo (in pubblico, intervistato da Gianni Minoli) hanno indicato l’uscita al giornalista, non confermato. Con la scusa del genere usurato dei talk show. In realtà, Viale Mazzini ha offerto già a dicembre lo scalpo di Giannini. Quali sono i programmi che infastidiscono il governo? Report e Presadiretta, entrambi destinati a un deleterio trasloco: non più la domenica con il traino di Fabio Fazio, ma il lunedì nel vuoto di inizio settimana contro le serie tv di Rai1, esperimento già fallito in passato.
Il brutto incidente di “Sconosciuti”
Sarà una coincidenza, ma qualche settimana fa, un servizio di Report su Marco Carrai (il migliore amico di Renzi e tante altre cose), ha scatenato l’apprensione della Bignardi. Poi la stessa Bignardi ha provocato l’ennesimo incidente fra Fabio Fazio e Milena Gabanelli. Che tempo che fa non rispetta mai le scaletta e sottrae minuti preziosi a Report. Anziché riprendere Fazio il discolo, la Bignardi ha autorizzato il solito trucchetto per spingere la Gabanelli verso il lunedì. Il messaggio: Fazio non si tocca, Report si adegui. Con un Ballarò rivisitato e corretto, cioè senza politica, con Report e Presadiretta più deboli e con il Tg3 senza Bianca Berlinguer, ecco la Rai3 di Daria Bignardi. Ma l’ex titolare del Grande Fratello è talmente sgarbata che colpisce a casaccio. In mezzo c’è finito Sconosciuti di Simona Ercolani, un programma quotidiano dagli ottimi ascolti, che racconta episodi straordinari di famiglie normali. Per il direttore di Rai3 non “riflette il servizio pubblico che ha in mente”. Il cortorcicuito politico è servito. Ercolani è l’autrice di Sfide, da tanti anni fa la produttrice e da pochi anni mette in scena il renzismo (era la “regista” alla Leopolda) e assiste Lotti per le ricorrenze storiche (ha una consulenza con Palazzo Chigi). Era in corsa per la presidenza di Viale Mazzini e per la direzione di Rai1, pare che abbia declinato per non rinunciare all’azienda che ha fondato. Allora è singolare che “il servizio pubblico che ha in mente” la Bignardi differisca dalla trasmissione di Simona Ercolani. In Viale Mazzini c’è confusione.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 30/05/2016.
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