Alla Camera promette “responsabilità” sul voto di fiducia sulla legge di stabilità. Anche al Senato è tregua sul Jobs Act Ma lunedì in direzione arriverà la proposta di consultare la base del partito sulle riforme elettorale e costituzionale.
ROMA – «Sulla legge di Stabilità saremo responsabili». I dissidenti dem che hanno spaccato il Pd sul Jobs act pochi giorni fa, si mettono in riga. Voteranno sì alla fiducia sulla manovra, lo assicura anche Stefano Fassina, l’ex ministro dell’Economia, per il quale i cambiamenti vanno poi introdotti a Palazzo Madama, però nessuno vuole tirare la corda. La sinistra dem ha deciso di offrire una tregua a Renzi e anche il braccio di ferro previsto al Senato già dalla settimana prossima proprio sull’approvazione definitiva della riforma del mercato del lavoro, sembra evitato.
La battaglia sul Jobs act si traduce per ora in un documento che sarà diffuso oggi e dovrebbero firmare in 27 senatori, dal bersaniano Federico Fornero a Walter Tocci, da Cecilia Guerra a Corradino Mineo. Parlano del merito, chiedono che non sia smantellato l’articolo 18 e che sia previsto il reintegro. Però se ci sarà la fiducia, saranno due o tre dem al massimo a non presentarsi all’appello. «Se c’è la fiducia, il testo che è pure migliorato, passerà, nonostante sia un provvedimento che inserisce un principio sbagliato», è la previsione del bersaniano Miguel Gotor. Lo stesso Felice Casson ammette che, al contrario della volta scorsa, è incerto. Anche Walter Tocci, che votò sì alla fiducia sul Jobs act in prima lettura ma si dimise (le sue dimissioni sono state poi respinte), vorrebbe evitare un replay.
Ma ad annunciare battaglia è Davide Zoggia, bersaniano, che lunedì nella Direzione del partito proporrà un referendum tra i militanti sulle prossime tappe di riforme del governo, ovvero legge elettorale e trasformazione del Senato. La trincea della minoranza si sposta sull’Italicum, quindi. Fassina e Cuperlo aspettano di sentire la relazione del segretariopremier in Direzione per decidere le contromosse: «Dipende dai toni che userà», osserva Fassina. Nell’assemblea dei deputati di ieri mattina è stato sempre Fassina a chiedere «ascolto e non solo rapporti di forza».
D’altra parte anche il governo ha tutto l’interesse a un po’ di tregua nel partito e nei gruppi parlamentari. Renzi in un tour al Sud ieri visita a Reggio Calabria l’Ansaldo Breda; a Avellino l’Ema che è Rolls Royce; a Catania ascolta i sindaci della zona accompagnato da Enzo Bianco e va alla Condorelli. Dappertutto ci sono presidi di lavoratori. Contestazioni di studenti e centri sociali in Sicilia. Nessuna marcia indietro sulle politiche adottate dal governo: «Contestazioni? Si stancheranno prima loro di noi. Noi non ci stanchiamo di stare in mezzo alle comunità locali». Rilancia sul lavoro: «Chi nega il problema della disoccupazione è da ricoverare. È un problema che non ci fa dormire la notte… «.
Per evitare il redde rationem nelle file democratiche il ministro Poletti martedì dovrebbe illustrare ai senatori dem il contenuto dei decreti attuativi del Jobs act. La stessa sinistra democratica è convinta che «niente di drammatico» accadrà al Senato nell’ennesima fiducia chiesta dal governo, perché il «gentlemen agreement con Verdini» consentirà che l’uscita di un drappello di senatori di Forza Italia al momento opportuno, garantisca il numero legale. Mineo s’inalbera: «Io di certo non dico “obbedisco”. Se pongono la fiducia è scandaloso, è il disprezzo del Parlamento ». A gamba tesa interviene Massimo D’Alema accusando anche Renzi di populismo e dell’effetto boomerang sul consenso elettorale: «Il populismo si alimenta di nemici, dai vecchi da rottamare ai gufi che mettono i bastoni tra le ruote ma questo alimenta una spirale il cui effetto conclusivo è che una parte del popolo si ritrae».
Da La Repubblica del 29/11/2014.
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