PRONTO, CHI PARLA?.
ECCO TUTTE LE TELEFONATE NON PENALMENTE RILEVANTI CHE NON AVREMMO MAI CONOSCIUTO SE LE ULTIME PROPOSTE DEL GOVERNO DIVENTASSERO LEGGE.
L’idea del Governo è sempre più chiara e si fonda su tre pilastri. Il primo: che i pm intercettino pure, ma evitino di inserire, nelle ordinanze d’arresto, le conversazioni penalmente irrilevanti. Il secondo: ciò che resta delle intercettazioni sia vagliato, in una fase successiva, per decidere se allegarlo agli atti su richiesta delle difese. Il terzo: sia duramente punito chiunque “passi” a un giornalista le informazioni “chiuse in cassaforte”, il cronista che le scrive, la testata che le pubblica. Ma quale sarebbe stato il giudizio dell’opinione pubblica, quali sarebbero state le conseguenze politiche, se questa censura fosse già stata realtà? Ecco una breve una carrellata di notizie che non avremmo mai conosciuto o, nella migliore delle ipotesi, avremmo scoperto con anni di ritardo.
Il figlio di Lupi
e il lavoro da Perotti
“Non ho mai chiesto all’ingegner Perotti né a chicchessia di far lavorare mio figlio”, dichiara il ministro Maurizio Lupi, quando esplode lo scandalo sulle Grandi Opere che porta all’arresto di Ercole Incalza, ex capo della Struttura di missione al ministero delle Infrastrutture, e Stefano Perotti, il direttore dei lavori che gestiva appalti pubblici per 25 miliardi. Le intercettazioni raccontano un’altra versione dei fatti. È il gennaio 2014, suo figlio s’è appena laureato, Lupi chiama Incalza e gli dice: “Ercole… se ti mando tra un quarto d’ora questo che è venuto da Milano a Roma per fare due chiacchiere? Nel senso di avere consulenze e suggerimenti?”. (altro…)
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