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Posts Tagged ‘Wanda Marra’

Emiliano minaccia il capo per i posti in lista: “È lui che ha chiesto ai governatori di fare una civica e metterci la faccia”. Per Veltroni, la nuova bandierina, ha sbagliato tutto.

Nel quartier generale di Matteo Renzi lo dicono con nettezza: “Walter è fondamentale per noi”. Una nettezza che fa particolarmente impressione mentre quello che fu il primo segretario del Pd non perde occasione per criticare l’ex premier, in maniera più o meno implicita. Il decennale di sabato è stato più che altro una “celebrazione” del suo ritorno. E non è un caso che abbia esordito citando sia Romano Prodi che Arturo Parisi e definendo quello del Professore il governo “migliore” della storia repubblicana. Di fronte aveva un premier e un ex premier. (altro…)

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In Senato Mdp esce dall’aula, Ala invece dà una mano al governo sui conti pubblici: da oggi solo i 14 amici di Denis garantiscono a Gentiloni e Padoan i numeri di cui hanno bisogno.

Denis Verdini non si vedeva in Senato da un po’ di tempo. È tornato ieri, in occasione del voto sul Def, per dare una mano (anzi 12 mani, come i senatori di Ala presenti) al governo di Paolo Gentiloni. E così alle 13 e 25 il tabellone di Palazzo Madama ha visualizzato il risultato ottenuto dalla risoluzione di maggioranza alla nota di aggiornamento al Def: i sì sono stati 164 e 108 i voti contrari (un astenuto). Plasticamente, proprio in occasione del voto sui conti pubblici, dalla maggioranza esce Bersani ed entra Verdini: i 16 senatori di Mdp, infatti, sono usciti dall’aula. (altro…)

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Sabato pomeriggio, ancor prima del calar del sole, varcavano la soglia della Festa dell’Unità di Imola con l’incedere delle padrone di casa, le deputate Fabrizia Giuliani, nota alle cronache per aver messo su la rete femminile “Se non ora quando”, e Assunta Tartaglione, segretaria regionale della Campania. Provenienza non renziana, fanno parte di quel Pd che nei momenti di gloria non aveva accesso al segretario, ma che nella fase dell’incertezza riescono ad accreditarsi col capo. (altro…)

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Festa dell’Unità – Comizio finale con fendenti a Salvini, 5 Stelle, pure a Bersani, ma Silvio…

Ci sono delle elezioni da vincere. E o vincono i populisti, o vinciamo noi”. È un Matteo Renzi in fase di ri-galvanizzazione quello che chiudendo la Festa Nazionale del Pd di Imola fa il pienone. E il senso del suo comizio sta tutto in questa frase finale. Primo, la campagna elettorale è iniziata. Secondo, per cercare di vincerla, Renzi esibisce il “noi”: “La modalità litigio e divisione tenetela per dopo le elezioni”, dice. Il riferimento è ai vari big interni che sono pronti a fargli la guerra dopo la sconfitta in Sicilia. L’idea, comunque, è imprimere nell’immaginario degli elettori il segnale di un cambio di stile personale. (altro…)

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L’ex premier scappa e parla di regole, ma nel 2012 fece due dibattiti con Bersani. Scontro con Lucia Annunziata.

Primarie, -10 (giorni). Temperatura del dibattito tra i candidati, all’incirca la stessa: -10. I sondaggi lo danno in nettissimo vantaggio e Matteo Renzi si attiene a una strategia precisa: silenziare il più possibile la competizione, non alzare il livello dello scontro, non dare occasione ad Andrea Orlando e Michele Emiliano di rosicchiare qualche punto, evitare di creare l’effetto 4 dicembre, ovvero il tutti contro di lui. Dunque, niente confronti tv con gli sfidanti, se non quello già deciso su Sky, il 26 aprile. E poca tv, con argomenti circoscritti e in programmi “amici”. (altro…)

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La difesa – I messaggi di Anzaldi: “Dobbiamo difendere la trasmissione da chi diffonde calunnie”.

Non era stata una giornata facile quella di ieri per il quartier generale renziano. Michele Anzaldi, il capo della comunicazione, aveva lavorato tutta la notte insieme all’avvocato, Lorenzo Pellegrini, per arginare l’impatto di un’inchiesta sul salvataggio dell’Unità da parte di Massimo Pessina, in onda ieri sera su Report e anticipata dal Fatto. Poi, nel pomeriggio, la notizia dell’indagine a carico del capitano del Noe, Gianpaolo Scafarto, per aver falsificato le intercettazioni su Tiziano Renzi. (altro…)

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Il 6 marzo all’anagrafe del partito risultavano 296 mila militanti, ma a colpi di deroghe poi il Nazareno ha dichiarato una platea di 450 mila iscritti.

Il 6 marzo i titolari di una tessera del Pd secondo l’Anagrafe degli iscritti erano 296 mila. Ovvero più di 150 mila in meno rispetto ai 449.434 del 3 aprile, dati ufficiali forniti dall’Organizzazione del partito, peraltro non contestati ufficialmente da nessuna mozione. I 449 mila ieri sono lievitati, nel comunicato finale della Commissione congresso, a 450.352. Dal 28 febbraio, giorno in cui si è chiuso ufficialmente il tesseramento, al 4 aprile, si è andati avanti grazie a una serie di deroghe informali, che hanno consentito la registrazione delle tessere anche oltre i tempi stabiliti dal regolamento. Nessuna delibera ufficiale, ma la possibilità di acquisire iscritti arrivati dopo i termini. (altro…)

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La maggioranza, rafforzata dai verdiniani, respinge la mozione 5 Stelle contro il ministro indagato. E in Aula i dem mollano l’ad Consip Marroni.

“Formigoni”. “No”. Inizia la chiama ed è proprio lui, il Celeste, condannato solo un paio di mesi fa in primo grado per corruzione nella sanità milanese, il primo a dire no alla sfiducia. Il voto del Senato che salva Luca Lotti ha dei momenti talmente paradossali da risultare comici. (altro…)

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Lingotto dem – L’ex segretario in nome del garantismo cita anche la sindaca Virginia Raggi, ma la parola “Consip” non viene mai pronunciata.

“Sto preparando il discorso di mercoledì, per difendermi in Senato”. Il Lingotto è finito, i militanti stanno andando via, il palco è vuoto e Luca Lotti nel backstage ha l’atteggiamento di chi sa che i prossimi non saranno giorni facili. Cardigan sportivo, occhiaie, sorriso sofferto. Mercoledì c’è la mozione di sfiducia, dopo che il ministro è stato indagato nell’ambito dell’inchiesta Consip. “Io non do pillolette”, dice lui alla richiesta di avere qualche anticipazione. Ma i suoi raccontano che sarà un discorso corposo, impegnativo, nel quale “il Lampadina” parlerà anche della “questione giustizia”. (altro…)

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pd

Il segretario si dimette e avvia il congresso lampo: “Non potete chiedermi di non candidarmi. I ricatti sono peggio delle separazioni”.

A sera, dopo l’Assemblea del Pd che ha quasi consumato la scissione, concludendosi però con l’ennesimo rinvio (alla Direzione di martedì, dove andrà costituita la Commissione per fare le regole del congresso), neanche Matteo Renzi sa bene quale sarà il quadro che si troverà davanti nelle prossime settimane. L’addio di Pier Luigi Bersani e soci sembra ormai davvero solo una formalità. Se è così, Renzi farà il congresso, ma non si sa contro chi. Forse contro Andrea Orlando. Un confronto che rischia di non essere abbastanza forte. (altro…)

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natangeloIl segretario – si dimette dalla guida del partito nel weekend: ha il via libera per il congresso in primavera, ma in cambio rinuncia alle elezioni subito. Sempre che non crolli tutto.

Non siamo soli a rappresentare il Pd. Ci sono centinaia di migliaia di iscritti e la chance per un loro coinvolgimento è il congresso. Abbiamo proposto il congresso e ci hanno detto no. Abbiamo proposto la conferenza programmatica ed è stato no. Le primarie no. C’è un limite a tutto”. Matteo Renzi alla fine di una direzione del Pd, che dura quasi 5 ore, e in cui è costantemente stato sotto attacco (fatte poche eccezioni: Graziano Delrio, Vincenzo De Luca, Piero Fassino) replica così. (altro…)

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renzi

Macché ascolto – Arriva a Rimini dagli amministratori Pd e si barrica nel backstage. Poi comincia il primo discorso post-dimissioni con una vittima del Rigopiano.

I giornalisti si attendono che noi ora replichiamo a quello che si è detto in un’altra assemblea. Peccato: vi è andata male. Riprovate, sarà per un’altra volta”. Rimini, Palacongressi, assemblea degli amministratori locali del Pd. Dopo quasi un mese e mezzo di silenzio pubblico, Matteo Renzi torna su un palco. La cifra politica la dà il non-attacco a Massimo D’Alema, che a Roma ha evocato la scissione democratica. In prima fila, sono arrivati dalla convention col Lìder Massimo, Roberto Speranza e Nico Stumpo. (altro…)

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renziL’entusiasmo dei renziani, anche se la loro legge è morta: basta tornare alle urne.

Eadesso non ci sono più alibi. Votiamo e vediamo chi ha i numeri nel Paese”, twitta felice il tesoriere del Pd, il renzianissimo Francesco Bonifazi, neanche un’ora dopo la pubblicazione della sentenza della Consulta. Felicità talmente eccessiva che Renzi gli chiede di cancellarlo. Senso di opportunità tardivo. A botta calda esce pure il capogruppo a Montecitorio, Ettore Rosato, per dire che si può “andare a votare subito” e pure – contro l’evidenza – che “l’impianto dell’Italicum è costituzionale”. (altro…)

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grassoIl presidente del Senato: “Si arrivi al 2018”. E i big del Pd annuiscono.

“Mi devo augurare che la legislatura duri fino al 2018 per approvare provvedimenti importanti”. Nero su bianco, con tanto di titolone in prima sul Corriere della Sera, Pietro Grasso, presidente del Senato, si prende l’onere (e di certo punta pure all’onore) di dire quello che ai piani alti della politica molti pensano, ma nessuno esplicita in maniera così chiara. Indicare la data di fine della legislatura non è compito della seconda carica dello Stato, ma Grasso si può rifugiare nel fatto che – non avendo un ruolo nello scioglimento delle Camere – esprime un’opinione.

Che non sia del tutto opportuna lo dicono le reazioni – tutte però non ufficiali – tra l’infastidito e il perplesso di molti (più sul metodo che sul merito, in verità). (altro…)

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renziC’è una tessera anche per me per votare?”. Matteo Renzi, seduto in maniche di camicia azzurrina al tavolo della presidenza, mentre Matteo Orfini mette ai voti dell ’Assemblea del Pd la sua relazione, fa una domanda. Una battuta. Ma nel parlamentino dem del post referendum, all’Ergife di Roma, il segretario per la prima volta non sembra più un leader incontrastato, ma quasi commissariato. Che l’idea di una leadership forte che procede a scossoni e rottamazioni sembri tramontata, lui è il primo a saperlo, visto che tra le canzoni introduttive della riunione sceglie “La Prima Repubblica” di Checco Zalone. “Eravamo a un passo dalla Terza, il rischio è di tornare alla Prima”, lo motiva. (altro…)

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orfiniIl capo del Pd non vuole restare a Palazzo Chigi, ma in due giorni ha fatto capire a tutti che darà lui le carte: Boschi resta, più poltrone per Franceschini e Verdini.

Matteo Renzi sei giorni dopo la disfatta al referendum e dopo il discorso della sconfitta, con drammatico annuncio di dimissioni, sta saldamente a Palazzo Chigi: da lì organizza le sue consultazioni parallele per il secondo giorno consecutivo. Tratta con la maggioranza e con le correnti del Pd non solo per la scelta del suo successore, ma anche per la formazione del governo. Ha chiesto persino a Maria Elena Boschi di restare. Manda dal presidente della Repubblica una delegazione del Pd, per tradurre i suoi desiderata. (altro…)

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governoIl 5 dicembre – Che succede se vince il No? E se trionfa il Sì? E come influisce il distacco tra le due posizioni? Tante le possibilità in campo: meglio arrivare preparati.

Il presidente-arbitro, alias Sergio Mattarella, aspetta preoccupato i risultati del referendum. Matteo Renzi, intanto, combatte la sua battaglia: 200 comizi in giro per l’Italia, abbuffata di talk show e propaganda a go gò. Ci sono i milioni e milioni di lettere inviate agli italiani, all’estero e in patria, ci sono le immancabili slide celebrative. Nel frattempo, i sondaggi non migliorano: il No è ancora avanti. Renzi, allora, compulsa lo smartphone: messaggi WhatsApp ad amici, collaboratori, nemici, alleati. Per dettare la linea, chiedere pareri, fare promesse. Ma le strategie sono come un mazzo di carte che si mescola e si rimescola. Anche perché i mazzi da cui cercare di estrarre la formula vincente sono quattro. (altro…)

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renziIl Nazareno ha stanziato 4 milioni e paga le lettere per gli italiani in patria e fuori. Da Comitato e gruppi un milione.

Costerà tra i 5 e i 6 milioni di euro la campagna per il Sì fatta dal Pd, tra partito, gruppi e comitato: più 6 che 5. Almeno secondo i calcoli che si fanno ai piani alti del Nazareno. Calcoli a spanne, sperando di non sforare. Di questi circa un milione servono per indirizzare il voto degli italiani all’estero: solo spedire lettere ai nostri connazionali che votano fuori dai confini, secondo un calcolo per difetto, costa circa 700 mila euro; il resto è la normale campagna (viaggi, alberghi, materiale elettorale, etc). In tutto, gli elettori all’estero sono 4,1 milioni e, nelle occasioni importanti, ne vota il 30%: quindi massimo 1,2 milioni. (altro…)

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premierLa kermesse – Terrorizzato dai sondaggi il premier personalizza (di nuovo) il referendum, insulta “il Fatto”, i manifestanti e la minoranza del Pd.

Possiamo spiegarlo nel merito, ma in un mondo nel quale la contestazione diventa odio, abbiamo un’unica possibilità: spiegare che questo referendum riguarda non noi, ma il nostro futuro”. Ci voleva la chiusura della Leopolda numero 7 perché Matteo Renzi ricominciasse a fare quello che aveva promesso di non fare più. Ovvero, personalizzare. Il messaggio che torna a mandare è, più o meno, “dopo di me il diluvio”. Sottotesto: comunque vada, sarà lui che decide. Tanto è vero che lo fa dire al ministro del Lavoro Poletti in un’intervista a Repubblica:: Se vince il No, ci saranno le elezioni. E poi le larghe intese. Cose che aveva annunciato e poi negato, a giorni alterni. (altro…)

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referendumIl premier vuole tempo per far salire i consensi. Quel giorno si vota pure in Austria.

Dura 15 minuti il Consiglio dei ministri che stabilisce la data del referendum costituzionale: Matteo Renzi propone il 4 dicembre e il 4 dicembre si voterà. A indire i comizi elettorali è il Quirinale, ma a questo punto il percorso è segnato. Il premier aveva già deciso nel weekend, dopo aver parlato in maniera informale con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Colle non era contrario a questa data. Tra il 27 novembre e il 4 dicembre, le due possibilità, nulla cambia: l’importante era mettere in sicurezza la manovra finanziaria. Così dovrebbe essere votata alla Camera e incardinata in Commissione pure al Senato. Un modo per tranquillizzare mercati e investitori stranieri. (altro…)

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