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Posts Tagged ‘Marco Palombi’

Ora Laura Boldrini dovrà rispondere, anche se difficilmente riconoscerà di aver forzato il Regolamento per favorire l’accordo politico sulla legge elettorale. Dovrà rispondere su quello che Il Fatto ha chiamato lo “sbianchettamento” di un errore contenuto nel Rosatellum (oggi inizia l’iter in Senato): ieri le è infatti arrivata una lettera sul tema – spedita anche al suo omologo Pietro Grasso – dal deputato Danilo Toninelli e il senatore Vito Crimi, entrambi M5S. Il testo della legge elettorale arrivato a Palazzo Madama, scrivono, “contiene una modifica sostanziale rispetto al testo approvato in assemblea”. (altro…)

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Sorpresa! – Un emendamento approvato in commissione venerdì consente anche a chi risiede in Italia di essere eletto extra-confine: serve a Denis per “fuggire” in Sudamerica.

Finalmente è tutto chiaro e tutto grazie a un emendamento di poche righe – è firmato dagli alfaniani Maurizio Lupi, Dore Misuraca e Giorgio Lainati – approvato venerdì in commissione Affari costituzionali alla Camera: ora anche Denis Verdini ha il suo pezzo di legge elettorale e potrà essere rieletto, addirittura all’estero. Se non è il trionfo dell’etica pubblica, di sicuro lo è della razionalità: questo Rosatellum bis è stato infatti costruito scientificamente per accontentare ogni singolo contraente del patto (Renzi, Berlusconi, Salvini, Alfano e frattaglie varie). (altro…)

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Non solo Lupi & C, pure nell’isola un pezzo di Ap verso destra.

C’è solo un uomo politico che è messo peggio di Matteo Renzi in questo momento: Angelino Alfano. Se il leader del Pd rischia l’ennesima imbarcata in Sicilia e non sa che fare per giocarsi qualche chance alle Politiche del 2018, il leader di Alternativa popolare – uno stato d’animo più che un soggetto politico – rischia di arrivare a settembre con mezzo partito rispetto a quello che se n’era andato in ferie. È il paradosso siciliano del partito siciliano del siciliano Alfano. (altro…)

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Renzi perde di suo oltre 500mila voti, affluenza -30% (male al Nord, bene al Sud).

Qualche centinaio di migliaia di votanti in meno, ma si festeggia. Lo spettro era il milione di votanti alle Primarie e il Pd – da ieri ufficialmente di nuovo nella piena disponibilità di Matteo Renzi – ne ha raccolti, pare, poco meno di due milioni: poco importa che fossero stati 2,8 milioni nel 2013 (primo giro del neo-segretario) e addirittura 3,1 milioni nel 2009, quando vinse Pier Luigi Bersani col 53,2% dei voti davanti al ministro renziano Dario Franceschini. (altro…)

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Segnali – Il ministro dice che sulle tasse non darà ascolto all’ex “capo”. Da Re Giorgio a Cassese a Confindustria: l’establishment anti-Matteo.

Alla fine quel che era ovvio nei numeri ha trovato il modo di essere detto a parole: il governo ritiene che l’unico modo possibile per chiudere il Bilancio 2018, vista la correzione dei conti che ci impone l’Unione europea, è far aumentare l’Iva. Pier Carlo Padoan – in questi tre anni da ministro dell’Economia, per volere di Giorgio Napolitano, non segnalatosi per coraggio – lo ha detto domenica in un’intervista al Messaggero: “Lo scambio tra Iva e cuneo fiscale è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese esportatrici, che sono anche le più competitive, le quali non possono più avvantaggiarsi del tasso di cambio. Si tratta di una ricetta classica e siccome io sono un tecnico ricordo che nelle scelte politiche non si possono ignorare gli aspetti tecnici, e viceversa. Diciamo che è un’opzione sostenuta da buone ragioni”. E tanti saluti a Renzi. (altro…)

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emiliano

Gli anti-Matteo hanno deciso di muoversi compatti: restano solo se le primarie vengono spostate in estate.

Il fatto da tener presente, tra gli “scissionisti” del Pd, è che hanno cominciato a muoversi tutti insieme e così continueranno a fare anche dopo l’Assemblea nazionale di domenica: se si resta nel partito lo si fa tutti insieme, se si esce pure. E per Matteo Renzi non si tratterebbe più di perdere per strada un pezzo della vecchia “Ditta” diessina, ma una parte non trascurabile del partito: non solo Massimo D’Alema o Pier Luigi Bersani e le loro (piccole) truppe, ma anche un governatore molto amato al Sud come Michele Emiliano, ex lettiani come Francesco Boccia, rimasugli prodiani e civatiani rimasti tra i democratici. (altro…)

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emiliano

Il governatore all’attacco su Sky: “Non possiamo più essere il partito di banche e petrolieri”.

C’è un particolare che lascia intendere come ormai per lo stesso Renzi sia Michele Emiliano il suo vero sfidante interno: dopo la sua intervista di ieri a Maria Latella su SkyTg24, infatti, il presidente pugliese è finito sotto il fuoco di fila delle dichiarazioni critiche della “guardia renziana”. Anzi, stavolta il segretario schiera in batteria persino il suo vice, Lorenzo Guerini: “Non passa giorno senza che Emiliano provi ad aprire fronti nel partito. Ogni giorno un attacco frontale al segretario e al partito. La dialettica è assicurata nel Pd e la polemica, anche aspra, può essere utile. Ma in questi giorni sta assumendo livelli pericolosi”. (altro…)

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cuperloIn manovra – Anche l’ultimo pezzo di minoranza chiede il Congresso: “Ora dimettiti”. Gad Lerner: “Non può tenere in ostaggio il partito”.

L’assunto più rilevante e meno considerato da quando Sergio Mattarella è al Quirinale fu pronunciato subito dopo le dimissioni di Matteo Renzi da presidente del Consiglio e immediatamente riferito dagli uomini del Colle ai cosiddetti “quirinalisti”: “Le crisi politiche nei partiti maturano nel tempo”. Con la consueta calma e ponderazione, per dire, ieri è maturato pure Gianni Cuperlo, che decise di schierarsi con Renzi giusto un minuto prima della valanga di No che ha ucciso il suo governo: “Al segretario un consiglio fraterno: cerca il bene della tua comunità, dimettiti domani e convoca il congresso. Così ci potremo misurare tutti, non solo Renzi, su una serie di sconfitte”, ha detto ieri all’assemblea della sua componente, per i distratti chiamata Sinistra Dem. (altro…)

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padoanIl decreto – Testo pronto da tempo: 17 per Siena, le venete e Carige Altri 100 per garantire la liquidità, in crisi per gli stop del premier.

L’accordo sull’ennesimo decreto “salva-banche” è vecchio di settimane, ma Matteo Renzi se l’è tenuto nel cassetto per l’ultima parte della campagna referendaria: d’altronde ammettere che la golden share sul futuro di Monte dei Paschi concessa alla Jp Morgan dell’amico Jamie Dimon (con annesso licenziamento degli ex vertici della banca senese) s’era rivelata una fregatura non era una bella pubblicità. Questo dicono fonti europee: tutti i dettagli con l’uomo che si occupa di aiuti di Stato per conto della commissaria alla Concorrenza Vestager – Gert Jan Koopman – erano già stati discussi. Il decreto, con tanto di numeri, gira nelle istituzioni comunitarie da tempo. (altro…)

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Il calendario del Colle – La sentenza della Consulta produrrà effetti pieni a marzo inoltrato, poi toccherà alle Camere: voto a giugno?.

 

 

Ci sono cose che nessuno sa: ad esempio cosa passa nella testa confusa di Matteo Renzi. Al Quirinale non arrivano messaggi dal premier dimissionario, né dal suo entourage: non si sa, insomma, se sia tornato in sé dopo la scoppola referendaria. Ci sono cose invece che sono certe ben al di là del confuso dibattito politico e del totonomi già divenuto noioso (il borsino ieri diceva Paolo Gentiloni, oggi chissà): Sergio Mattarella non concederà le elezioni senza una legge elettorale funzionante e omogenea tra le due Camere (come prescrive la sentenza della “sua” Corte costituzionale sul Porcellum), dopo – va ricordato – aver commesso l’errore di far entrare in vigore una legge elettorale valida per la sola Camera. (altro…)

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risultatiStudiosi e sondaggisti spiegano per mano di chi è caduto il governo Renzi.

Inumeri vanno interpretati, certo, ma al di là del loro possibile significato hanno una loro autonoma forza. È il caso di quelli diffusi ieri da Youtrend: “Nei 100 Comuni con più disoccupati il No vince col 65,8%, nei 100 con meno disoccupati vince il Sì con il 59%”.

In generale, c’è una certa correlazione tra alte percentuali di senza lavoro e bocciatura della riforma costituzionale: ovviamente questo può spiegare i risultati plebiscitari del No nel Mezzogiorno, meno la disfatta lungo tutto lo Stivale, persino nelle Regioni rosse (vedi il sostanziale pareggio in Emilia Romagna, dove pure resiste un discreto apparato di partito) e non le percentuali bulgare per il No in zone non esattamente depresse come il Veneto o le province lombarde di Sondrio e Domodossola. (altro…)

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emendamentiIl governo smentisce se stesso e riscrive una seconda manovra finanziaria: tutti contro tutti prima del voto.

Una roba del genere non s’era vista mai: 100 emendamenti alla manovra, tanti ne sono arrivati dai vari membri del governo al ministero dei Rapporti del Parlamento, che li ha diligentemente catalogati. Gli Esteri vogliono 4 modifiche come la Difesa, 7 i Beni culturali e la Salute, 11 l’Economia, 14 il Lavoro e addirittura 18 il ministero delle Infrastrutture. Due, incredibilmente, arrivano pure da Palazzo Chigi e sulla tanto sbandierata edilizia scolastica. (altro…)

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renzi-siciliaTutti Sì, La medicina si genuflette, i bersaniani portano in dote pesca e agricoltura, gli ex nemici si fanno amici e il ripescaggio è la regola.

Dal punto di vista dei contenuti niente di nuovo: le solite mille ragioni per dire Sì, ma declinate meno sul merito, la competizione e quelle cose che fanno presa in Lombardia e un po’ di più sui soldi che il governo spenderà per il benessere dei cittadini. A ciascuno il suo messaggio e Matteo Renzi in Sicilia – dov’è arrivato per la terza volta in tre mesi – parla la lingua che più gli conviene, persino quella del sacro (“mi ha detto il vescovo che Sant’Agata fa il tifo per noi, quindi almeno da questo punto di vista stiamo tranquilli”). (altro…)

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equitaliaLa scoperta nel testo alla Camera: per i cittadini rimarrà (quasi) tutto come prima.

Il sospetto ci era venuto subito, ora è divenuto certezza nelle analisi dei parlamentari (e dei loro tecnici) che stanno lavorando al testo del cosiddetto “decreto fiscale”: l’abolizione di Equitalia è una pura operazione nominale. E neanche tanto profonda visto che dal 1° luglio scorso si chiama Equitalia Servizi di Riscossione e dal 1° luglio 2017 si chiamerà Agenzia delle Entrate Riscossione. Il nome Equitalia non c’è più, ma il resto? A leggere il decreto, ci sarà quasi tutto e in particolare il famigerato “aggio”, cioè il 6% (fino all’anno scorso era l’8%) che la società di riscossione carica sulle cartelle per finanziarsi. (altro…)

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padoan

Deficit giù (non spinge il Pil), boom di mance scoordinate e coperte con sanatorie.

Noi, come gli altri media, parliamo in questi giorni della manovra d’autunno. Primo problema: non esiste, la stanno ancora scrivendo tra mille difficoltà al Tesoro. Di ieri è invece il cosiddetto Draft budgetary plan (Dpb), che il governo deve spedire a Bruxelles. Prima notazione: riporta numeri diversi dalla Nota di aggiornamento al Def appena approvata dal Parlamento, tanto è vero che l’Ufficio parlamentare di bilancio – una sorta di Autorità sui conti pubblici – aveva bocciato il Def e invece ha approvato il Dpb. In sostanza, l’esecutivo dice che a fine 2017 il deficit sarà al 2,3% e la crescita all’1%. Questo, ammesso che l’Ue approvi Piano e manovra, consente comunque di farsi una prima idea di cosa vuol fare Renzi. (altro…)

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Quirinale - Cerimonia per lo scambio di auguri con le alte cariche dello StatoGli stanziamenti per i contratti bloccati dal 2009 ammontano a 800-900 milioni. Spiccioli per gente che ha perso 10 punti di potere d’acquisto. Renzi ha due problemi: Consulta e Ue.

Pierre Moscovici, che sarebbe il commissario europeo agli Affari economici, ha probabilmente capito di essersi espresso male. Bruxelles sostiene, e lo fa ventre a terra, Matteo Renzi sul referendum costituzionale (qualche giorno fa parlava di “rischio populismi in Italia”), ma sul deficit è stato frainteso: il governo italiano avrà la flessibilità concessa dalle regole, ma le sue aperture sul tema (“migranti e terremoto”) non erano un via libera senza obiezioni ai progetti del governo (lasciare, in sostanza, il deficit 2017 allo stesso livello di quest’anno: 2,4%). (altro…)

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merkel

Merkel, Hollande e Juncker si vedono a Berlino mercoledì: “Il tema è l’agenda digitale”. Escluso il premier: iniziata la guerra del deficit.

La risposta poteva essere: “No”. Invece è stata: “Il problema è se la Germania accetterà o meno”. La domanda a Matteo Renzi l’aveva posta il Washington Post. Questa: l’Italia prenderà il posto della Gran Bretagna nell’Europa “dei grandi”? Ora, il fatto che il premier italiano non venga invitato a un incontro a Berlino a cui mercoledì parteciperanno – oltre alla cancelliera Angela Merkel – il presidente francese François Hollande, quello della Commissione Ue Jean Claude Juncker, più i principali industriali europei, è spiacevole, ma non drammatico: è solo il segnale che l’Italia non si siederà al tavolo di quelli che dettano le regole nell’Unione, tanto più dopo la plateale rottura avvenuta al vertice europeo di Bratislava su crescita e migranti. (altro…)

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Draghi

Lo scambio – Flessibilità contro una delle poche richieste inevase della lettera della Bce del 2011: dare “più rilevanza” al livello aziendale (in sostanza un modo di tagliare i salari).

Stiamo per dare via l’ultimo pezzo dell’argenteria di quanto resta della tutela del lavoro in Italia: il contratto nazionale. Il governo ormai lo dice (quasi) esplicitamente: il mezzo per convincere la Commissione Ue a concedergli lo sconto sul minor deficit da realizzare nel 2017 è una qualche riforma del sistema di contrattazione. L’idea, dunque, è procedere con la legge di Stabilità in autunno, contestualmente con la richiesta di 10 miliardi di maggiore flessibilità sui conti pubblici: un altro passo sulla strada della deflazione salariale consigliata dall’Ue (finora senza successo) per recuperare produttività. (altro…)

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I nodi

È qui che si gioca la partita: all’inizio del 2017 tutti i nodi verranno al pettine

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renziPil fermo nel secondo trimestre, addio al +1,2% previsto per fine anno. Risultato: la manovra d’autunno sarà un bagno di sangue. A Padoan mancano 20-25 miliardi senza contare le promesse…

Matteo Renzi, come ci ha spiegato più volte, correttamente non si appassiona agli “zerovirgola” dei conti pubblici. Nonostante la virgola non ci sia più – visto che la crescita del Pil italiano tra aprile e giugno è stata solo “0” sui tre mesi precedenti – il premier continua a non appassionarsi e ieri è stato in silenzio. Forse è contento lo stesso: perché sia vero che #Italiariparte, giusto lo slogan preferito a Palazzo Chigi, serve anche che ogni tanto si fermi. E infatti s’è fermata: il dato preliminare sul Pil – diffuso ieri da Istat – segnala crescita nulla sul trimestre, è più basso di quello atteso dagli analisti (+0,2%) e indica una frenata considerevole del Prodotto interno lordo, che veniva da un +0,3% nel primo trimestre. La crescita cumulata per il 2016, infine, è pari allo 0,6%. (altro…)

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