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Posts Tagged ‘università’

L’indagine sulle abilitazioni partita da Firenze: sette professori agli arresti, 22 interdetti Tra gli indagati anche Fantozzi. Le frasi: “Vince la logica del baratto, è un mondo di m…”.

FIRENZE – «Anche io mi son piegato a certi baratti per poter mandare avanti i miei allievi… La logica universitaria è questa: è un mondo di m… Purtroppo è un do ut des». Il professor Pasquale Russo, già ordinario di diritto tributario, fotografa così la situazione dell’Università italiana, forse non a caso tagliata fuori da tutte le classifiche globali sulla qualità degli atenei.

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Sul numero chiuso nelle università, che sta agitando le facoltà umanistiche della Statale di Milano, non riesco ad andare d’accordo con me stesso. Una voce mi dice che non serve a nulla sfornare legioni di disoccupati e parcheggiarne altrettanti in uno stagno esistenziale nel quale pullulano i fuoricorso e gli abbandoni. Ma un’altra voce, pericolosamente connessa con il cuore, mi ricorda la confusione che agitava i miei diciotto anni e rifiuta l’idea che a quell’età si possa essere già chiamati a una prova definitiva per il proprio destino, dentro o fuori, basata oltretutto su test abborracciati e talvolta pilotati. Per accordare le due voci dovrei abitare un mondo dove prima si mettono in grado le università di esercitare il loro mestiere — che non è quello di esamifici — dotandole di aule e professori adeguati. E poi, soltanto poi, si stabiliscono le modalità di accesso.

Per fortuna quel mondo esiste. Ma altrove, non qui. In Italia la fatiscenza delle strutture impedisce di affermare con certezza che la dispersione scolastica dipende dalla pigrizia degli studenti e non dalla desolazione degli ambienti in cui sono costretti a muoversi. E questo nonostante le lacrime da coccodrillo della politica, che denuncia il tasso mortificante di laureati, ma non ha mai investito nell’istruzione una quota significativa del barile di tasse spremuto dai contribuenti. Trovo bizzarro atteggiarsi ad alfieri della meritocrazia come se si fosse a Oxford senza essere Oxford. La Statale è ancora una delle migliori. Altrove si fa lezione nei cinema, e non è un bello spettacolo.

Da il corriere.it

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protesta-ricercatori

I dati arrivano da un’indagine interna del Coordinamento nazionale non strutturati, che ha promosso uno sciopero bianco per il riconoscimento della ricerca come lavoro. Questo dopo che il governo ha negato loro l’indennità di disoccupazione prevista per gli altri parasubordinati. I soli assegnisti forniscono nella loro carriera un contributo gratuito pari al lavoro di tutti i dipendenti della regione Piemonte per due anni.

Sono 66.097 i ricercatori precari dell’università italiana. Più di tutti i professori e i ricercatori a tempo indeterminato messi assieme. Se gli atenei riescono ad andare avanti, nonostante i finanziamentiridotti al lumicino, è anche grazie al loro lavoro, spesso gratuito. Eppure restano degli invisibili cui non è concessa alcuna forma di contratto, in aperta violazione delle regole imposte dall’Europa. (altro…)

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Fantauniversità

FANTAUNIVERSITÀ.

È ora di cambiare. L’Università italiana è sì una prestigiosa istituzione, ma è ora che si apra ai contributi della società civile. Le recenti prove di alcuni docenti esterni, come Flavio Briatore alla Bocconi e Francesco Schettino a La Sapienza hanno confermato che la via giusta è quella dell’allargamento della didattica. Nel caso de La Sapienza, poi, chiamare all’insegnamento nuovi docenti è anche un ottimo modo per convincere il mondo che lì non insegnano solo i parenti del rettore.  (altro…)

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RenziMA COME? Di fronte alla crisi economica parti dalle scuole? Sì: di fronte alla crisi economica non puoi non partire dalle scuole”. Matteo Renzi lo disse durante il suo primo discorso in Parlamento, quello per la fiducia. Al congresso del Pse a Roma la mise ancora meglio: “La sfida è avere attenzione per scuola, università e ricerca”. E infatti l’attenzione non è mancata: quella mediatica con la visita in vari istituti della penisola e l’annuncio (solo questo per ora) di un nuovo piano per l’edilizia scolastica; e quella contabile che si è espressa in un taglio da 30 milioni quest’anno e 45 a partire dal prossimo al Fondo di finanziamento ordinario dell’università (una sforbiciata, di cui ancora non si conosce l’entità, dovrebbe toccare pure al Fondo per gli enti di ricerca) per pagare il bonus fiscale da 80 euro per chi guadagna tra ottomila e 24 mila euro l’anno. Il ministro per così dire, competente, Stefania Giannini, prima ha gioito perché non c’erano i soliti tagli all’università, poi in un’intervista a Repubblica ha negato che si tratti di tagli (“sono accantonamenti necessari per motivi di contabilità”) per poi ammettere che “a tutti i ministeri sono stati chiesti sacrifici” e quindi “abbiamo dovuto mettere quella voce a bilancio”. C’è chi dice, persino tra i vecchi vertici della Conferenza dei rettori, che non si tratta poi di una cifra eccessiva per un Fondo che vale quest’anno 6,8 miliardi di euro: sarebbe però il caso di ricordare che nel 2008 lo stesso Fondo superava i nove miliardi ed è stato in questi anni una delle vittime preferite di tutti i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti su tutti. 

   Ammettendo pure che si tratti di spiccioli, “il segnale di attenzione” del premier è arrivato forte e chiaro: l’università è ancora terreno di caccia per i tagliatori della spesa pubblica. 

   Eppure con toni aulici – sempre al congresso del Pse di inizio marzo – s’era sdilinquito sul Rinascimento e quei furbacchioni dei banchieri fiorentini che “capirono che investire in operazioni culturali era la chiave per il successo” e che “bisognava garantire l’accesso al sapere a tutti, anche e soprattutto ai figli dei piu’ poveri”, così da favorire quella mobilità sociale che è “motore della crescita”. Insomma, Matteo la teoria la sa, speriamo passi alla pratica.

Da Il Fatto Quotidiano del 23/04/2014.

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PatuelliABI PROTESTA PER LE TASSE CON CUI RENZI PAGHERÀ GLI 80 EURO E HA GIÀ INIZIATO A MUOVERSI PER AVERE UNO SCONTO IN PARLAMENTO. IPOTESI TAGLIO DA 35 MILIONI ALL’UNIVERSITÀ.

Anche se in sordina è già partita. S’intende quella che potremmo chiamare la trattativa Stato-Banche sull’aumento delle tasse con cui Matteo Renzi pagherà circa due miliardi del suo bonus fiscale da 80 euro. Breve riassunto: il governo Letta, come si ricorderà, decise di rivalutare le quote di Bankitalia da 153mila euro a sette miliardi e mezzo. Per le banche che le hanno a bilancio significa una plusvalenza che, ovviamente, va tassata: Letta e Saccomanni scelsero l’aliquota di favore del 12 per cento (dopo il 20 ipotizzato nelle bozze di decreto e il 16 inizialmente scelto). Il gettito previsto era circa 900 milioni da pagare in tre anni: la prima rata sarebbe scaduta il 30 giugno. Ora Renzi ha invece deciso di portare l’aliquota al 26 per cento (per un gettito di 1,95 miliardi circa) e di imporre alle banche il pagamento immediato della tassa.  (altro…)

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La Sapienza

Roma, sei studenti su dieci mentono sul reddito per ottenere borse di studio e trasporti gratuiti.

ROMA— LA STUDENTESSA col papà che gira in Ferrari ma dichiara 19mila euro di reddito lordo. La ragazza che “dimentica” un tesoretto familiare da 600mila euro e ne denuncia appena 14 mila all’anno. La laureanda con villa e piscina annessa (tra l’altro: non risultava neanche al catasto) che si fa passare per indigente e presenta una dichiarazione da circa 5mila euro. Sono soltanto i casi più eclatanti ma la bugia, tra gli universitari romani, sembra diventata la regola. Tutti a mentire, nascondere, ridimensionare proprietà e conti in banca per accaparrarsi borse di studio, alloggi, mensa e trasporti gratuiti o facilitati e altre agevolazioni. Furbetti di oggi che rischiano di diventare i grandi evasori di domani. Un malcostume purtroppo dilagante, stando ai controlli delle Fiamme Gialle in collaborazione con gli atenei romani e la regione Lazio. I dati sono sconcertanti: il 62 per cento delle autocertificazioni Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) sono bugiarde. (altro…)

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ROMA — Poi si parla di fuga dei cervelli. E ci si stupisce del crollo delle immatricolazioni. Oppure si guarda con ansia alle migliaia di studenti che rinunciano a laurearsi. Ultima fermata, per i nostri atenei, arrivati al capolinea prima del disastro. «Se vi fosse una Maastricht delle Università, noi saremmo ormai fuori dall’Europa». Eppure ovunque ci si volti, dice il presidente della Conferenza dei rettori, Marco Mancini, da nessuna parte si offrono ricette per i mali dell’università e della ricerca italiane, non ci sono soluzioni nelle agende politiche di chi si candida a governare il Paese. Proprio per questo, la Crui ha scritto una lettera aperta al prossimo presidente del Consiglio con 6 proposte per il futuro dell’Università. «Serve una forte discontinuità con il passato — spiega Mancini —, la politica ci ha messo fra parentesi e parla di futuro? Per noi, sia chiaro, l’università è un aspetto fondamentale del futuro». (altro…)

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Disoccupazione ai massimi: una repubblica fondata sul lavoro nero.
Crollo degli iscritti alle università: l’ascensore sociale si è rotto.
La crisi e la stretta del credito delle banche (ma non agli amici) e alle famiglie: la Repubblica tutelava il risparmio (art 47)

E ancora: il problema degli esodati, di chi sta in cassa integrazione, dei terremotati in Emilia e di quelli de l’Aquila.
I senza lavoro in Sardegna, a Termini e quelli rimasti fuori da Pomigliano. I dannati del precariato.
I cittadini di Taranto e i lavoratori de l’Ilva che si aspettano una risposta chiara e convincente dallo Stato. (altro…)

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Corteo studenti: scontri e feriti a Torino. Tensione a Milano. Roma, protesta al Miur.

Contro l’austerity imposta dal governo, ma anche contro il sistema politico e gli sprechi. E’ partito questa mattina “l’occupy-casta” degli studenti italiani. Un evento che sembra una prova generale del “No Monti day” convocato per il 27 ottobre. Foto del premier bruciate in piazza a Torino, rogo di tessere elettorali a Palermo: in tutta Italia la protesta segue il doppio binario governo-casta. E gli scontri non mancano. Cinque studenti contusi (e 15 fermati) nel capoluogo piemontese, dopo le cariche delle forze dell’ordine. Tensione a Milano, dove la protesta si è concentrata anche su Palazzo Lombardia, centro del potere formigoniano. Altri feriti, questa volta tra gli agenti di polizia, a Roma, dove la protesta si concentra nella zona della sede del Miur. (altro…)

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Nel decreto approvato a Palazzo Madama gli interventi di risparmio dagli enti locali al pubblico impiego.

PUBBLICO IMPIEGO
Prepensionamenti e mobilità, dipendenti da ridurre

Sulla scia di quanto fatto all’inizio di giugno da Palazzo Chigi e dal ministero dell’Economia anche il resto della Pubblica amministrazione dovrà dare una sforbiciata alla propria pianta organica. Il taglio dovrà essere del 20% per i dirigenti e del 10% per tutti gli altri dipendenti, anche se questi dovranno essere i risultati finali dell’operazione e saranno possibili compensazioni tra i diversi ministeri. Gli strumenti a disposizione sono due: i prepensionamenti e la mobilità, con il rischio di finire per due anni all’80% dello stipendio base, che in molti casi rappresenta la metà di quello che uno statale è abituato a portare a casa ogni mese. Dopo il muro conto muro dei primi giorni i sindacati sono stati coinvolti e avranno voce in capitolo sulle procedure di mobilità. (altro…)

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I giovani democratici bocciano i contenuti della spending review annunciando un «university pride». Quelli di Link, il coordinamento delle associazioni universitarie, se la spiegano così: «All’inizio – dice uno dei loro rappresentanti, Luca Spadoni – il testo prevedeva il taglio dei fondi all’università per 200 milioni, poi hanno stralciato questo punto, ma hanno introdotto l’aumento delle rette». Al momento, si salvano solo gli studenti a reddito basso e al pari con gli esami. Tutti gli altri finiscono sommersi dalle tasse. Il decreto sulla spending review, nella sua ultima versione passata ieri in Senato col voto di fiducia, prevede rincari delle rette per tutti gli universitari: l’unica eccezione riguarda gli studenti in corso con un reddito Isee fino a 40mila euro, per i quali, almeno fino al 2016, l’incremento delle tasse non può superare quello dell’inflazione. Per le altre fasce di reddito non è previsto un blocco, quindi gli studenti potrebbero vedersi aumentare le rette anche se in regola con gli esami. Aumenti pesanti per chi è fuoricorso, ovvero il 40% circa della totalità degli studenti: le tasse potranno crescere fino a +25% per chi ha un reddito familiare sotto i 90mila euro, fino a +50% per chi ha reddito tra 90mi- la e 150mila euro, e fino a +100% per chi ha un reddito oltre i 150mila euro.

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Scoppia la polemica sull’aumento delle tasse per gli universitari fuoricorso. Dopo l’approvazione dell’emendamento sulla spending review, che consente agli atenei di aumentare le tasse fino a raddoppiarle, gli studenti minacciano di scendere in piazza. Per Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil, «l’idea che si possano recuperare i fuori corso attraverso l’aumento delle tasse universitarie è assurda e pericolosa».
«Dietro il fenomeno dei fuoricorso — continua Pantaleo — ci sono molteplici ragioni non sempre documentabili. Il rischio è la penalizzazione dei più deboli, perché chi è ricco potrà tranquillamente continuare a frequentare l’università anche con l’aumento delle tasse». (altro…)

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Dalle pagelle scolastiche on line al taglio dei finanziamenti agli enti di ricerca, passando per le tasse universitarie. La Spending review “colpisce” anche scuole, università e ricerca, ma non com’era previsto nelle prime bozze del documento. L’azione “sotterranea” dei sindacati e di singoli gruppi ha addolcito l’amara pillola della revisione della spesa che mira a razionalizzare le risorse dello stato ed evitare il default. Alcune delle misure più dure sono state cancellate o modificate nelle ore successive alla conclusione del consiglio dei ministri di ieri mattina ed ora è possibile fare, con il decreto pubblicato in gazzetta, un primo resoconto di tutti i provvedimenti che riguardano scuola università e ricerca scientifica. (altro…)

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Con l’espressione “valore legale del titolo di studio” si indica l’insieme degli effetti giuridici che la legge ricollega ad un titolo scolastico o accademico, rilasciato da uno degli istituti (sia statali che non), autorizzati.

Il titolo di studio è il requisito per l’accesso alle professioni regolamentate e agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni. Ovvero un “marchio di qualità” concesso dallo Stato agli atenei: lo Stato garantisce ai cittadini la qualità della formazione universitaria imponendo vincoli sull’organizzazione didattica, governando così lo sviluppo delle competenze professionali ai fini delle carriere. I cittadini che si servono di professionisti, le imprese e il settore pubblico che assumono laureati, dovrebbero essere garantiti sulla qualità della formazione di quelle persone in base a curricula “certificati”.
Quindi l’esistenza del valore legale ha tre effetti: la necessità per un lavoratore di possedere un titolo proveniente da una scuola riconosciuta dal ministero per accedere a certi settori del mercato del lavoro, la necessità per chiunque voglia istituire una scuola o università privata di ottenere la certificazione ministeriale e la parificazione nei concorsi della qualità dei titoli di studio che contano tutti allo stesso modo. (altro…)

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Monti toglie il valore legale al titolo di studio e darà 5,5 miliardi in Btp alle imprese.

Il governo promette che il decreto liberalizzazioni regalerà all’Italia una crescita quasi cinese: + 11% di Pil, +8% di occupazione, +12% ai salari. In quanto tempo? “Nel medio periodo”, spiega il comunicato della presidenza del Consiglio. Ma la prima reazione delle imprese, che di quella crescita dovrebbero essere protagoniste, è stata di delusione: non un euro per pagare i crediti dello Stato verso le aziende. Una montagna da 70 miliardi, soldi dovuti che molte imprese non incasseranno mai perché falliranno prima, prive di liquidità. In conferenza stampa Mario Monti non ha neppure accennato al tema e all’ipotesi di pagare parte del dovuto con Btp o altri titoli di debito pubblico. La ragione però, secondo quando spiega una fonte governativa al Fatto, è che la ragioneria generale dello Stato stava ancora cercando le coperture. Doveva finire tutto nel decreto semplificazione in arrivo e invece entrerà nel decreto liberalizzioni quasi pronto per la firma del Quirinale. Almeno per gli interessi sui crediti ora i soldi ci sarebbero. La versione definitiva del testo, come sollecitato dal ministro dello Sviluppo Corrado Passera e approvato dal viceministro dell’Economia Vittorio Grilli, prevede quindi 5,5 miliardi di Btp da dare alle imprese per rimborsare i loro crediti verso l’amministrazione pubblica. Poi le aziende potranno venderli e avere soldi freschi per pagare dipendenti e fornitori. Sono solo una piccola parte dei 70 miliardi non saldati ma, notano dal governo, quasi un quinto di quelli dovuti dallo Stato centrale. Si vedrà, ormai le imprese credono a questi annunci soltanto se li vedono nero su bianco in Gazzetta ufficiale. (altro…)

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L’Italia divorzia da se stessa, ma nessuno vuole pagare gli alimenti. Tutti vagheggiano la Manovra Perfetta, quella dove a pagare sono sempre gli altri. Al gran festival dello scaricabarile metto in prima fila il sottoscritto: nelle ultime settimane ho tuonato contro la supertassa per i redditi alti, lo sfoltimento dei piccoli comuni e l’abolizione delle pensioni di anzianità. Ogni volta avevo ragione, ma complessivamente ho torto. Perché alla fine qualcuno deve pagare il conto di questa lunga festa chiamata Stato Sociale (festa piena di sprechi, ma anche di sicurezze che rimpiangeremo) e non basta evocare i soliti mantra propiziatori: la caccia agli evasori e il dimezzamento della Casta, cioè due sogni che se anche diventassero realtà produrrebbero i primi effetti sul bilancio pubblico fra qualche anno: troppo tardi per un Paese che ha i creditori alla porta e la gioventù più disoccupata e anziana d’Europa. (altro…)

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Si può supporre che, in mancanza di adeguata informazione, gran parte dell’opinione pubblica sia convinta che questo governo abbia realizzato un’epocale riforma dell’università italiana, riducendone gli sprechi, combattendo le baronie e i nepotismi. Una campagna mediatica molto ben organizzata ha convinto molti che l’università italiana è un luogo nel quale la principale occupazione dei professori è dare posti di lavoro a parenti. Sia ben chiaro che questi casi esistono, ma sia altrettanto chiaro che sono del tutto marginali e stigmatizzati dalla stessa comunità accademica.
A beneficio di chi non è addetto ai lavori, può essere utile rimarcare che la legge 240/2010 (la c.d. riforma Gelmini) è niente affatto attuata e che è molto probabile che non verrà attuata in questa legislatura e in questa forma. (altro…)

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Una studentessa 23enne guida la rivolta anti Piñera.

RIO DE JANEIRO — Prima gli studenti in piazza, poi gli insegnanti, gli operai e i dipendenti pubblici. Manifestazioni sempre più imponenti, con code di teppismo urbano e reazione decisa della polizia. Richieste forti, strutturali, fino alla proclamazione di due giorni di blocco totale. Il governo che resiste, poi tenta di aprire ma non riesce a fermare l’onda che vuole sommergerlo.
Sembra uno scenario di qualche decennio fa, ma è il Cile di queste settimane, una società scossa dal malcontento, dalla rabbia, con la sensazione crescente che i bei numeri non bastano più. Il Paese miracolo dell’America Latina, modello nelle scuole di business, che si mostra invece nudo nel divario tra i tanti segni più della macroeconomia e la realtà quotidiana: differenze sociali inaccettabili a questo livello di sviluppo, università e sistema sanitario dai costi proibitivi, troppi lasciti della dittatura, due decenni dopo la sua fine. (altro…)

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